top of page
Logo studio bothias in arancio

IL MONDO SEGRETO DELLA MONSTERA

Esplorazione botanica di un genere tropicale tra adattamento, diversità e scoperta

Dalle foreste pluviali del Centro e Sud America agli erbari scientifici e alle collezioni contemporanee: un'indagine approfondita sulle specie del genere Monstera, il loro habitat, la morfologia e la storia naturale.

Il mondo segreto delle Monstera
Il mondo segreto delle Monstera
Il mondo segreto delle Monstera
Esplorazione botanica di un genere tropicale tra adattamento, diversità e scoperta
Esplorazione botanica di un genere tropicale tra adattamento, diversità e scoperta

Cos’è il genere Monstera?


Il genere Monstera è un gruppo di piante tropicali appartenente alla famiglia delle Araceae, che comprende oltre 50 specie descritte, anche se nuove entità tassonomiche vengono periodicamente rivalutate grazie a esplorazioni botaniche e studi molecolari. 


Queste piante sono native delle foreste pluviali dell’America centrale e meridionale, con una maggiore concentrazione nella regione compresa tra il Messico meridionale e il Brasile nordoccidentale.


A livello morfologico, le Monstera sono liane epifite o hemiepifite: iniziano spesso la loro vita al suolo, in un ambiente ombroso e ricco di detriti organici, ma crescendo sviluppano robuste radici aeree che consentono loro di scalare gli alberi, ancorandosi ai tronchi grazie a tessuti specializzati. In alcune specie, le radici radicali possono penetrare anche nelle fessure della corteccia, stabilendo un contatto osmotico con l’umidità e con nutrienti minerali trasportati dalle piogge.


Le foglie costituiscono l’elemento visivo più caratteristico del genere. Esse mostrano un’evidente eterofillia: nelle fasi giovanili sono semplici, cuoriformi e intere; con la maturità, diventano progressivamente più grandi, lobate o profondamente fenestrate, cioè dotate di buchi e tagli. 


Questi elementi non sono decorativi, ma funzionali. Le fenestrazioni aiutano la pianta a sopravvivere in ambienti ventosi e favoriscono la traspirazione efficiente, riducendo la superficie fogliare esposta a danni meccanici. Secondo alcune teorie ecologiche, queste aperture potrebbero anche aumentare la penetrazione della luce negli strati inferiori della pianta o facilitare lo scolo dell’acqua durante le piogge torrenziali tipiche dei climi tropicali.


Dal punto di vista fisiologico, le Monstera sono piante sciophyte, ossia adattate a vivere in condizioni di bassa luminosità, tipiche del sottobosco tropicale. Tuttavia, non sono del tutto ombrofile: per attivare pienamente la fotosintesi, necessitano comunque di luce diffusa. È per questo motivo che tendono a “cercare la luce”, crescendo in verticale. 


Questo comportamento si chiama scandenza fototropica positiva: la pianta orienta il suo asse principale verso la fonte luminosa, supportata dalle radici aeree che le permettono di aderire al substrato verticale (alberi, rocce, pareti umide). Alcune specie, come Monstera tenuis o Monstera dubia, manifestano una crescita appressata, aderendo completamente ai tronchi nella fase giovanile.


Dal punto di vista riproduttivo, le Monstera presentano la tipica infiorescenza delle Araceae: uno spadice (asse fiorale compatto, spesso eretto e cilindrico) racchiuso parzialmente da una spata, una brattea color crema, avorio o verdognola. L’impollinazione è generalmente mediata da coleotteri o piccoli ditteri, attratti da composti odorosi e da emissioni di calore (termogenesi), come osservato in specie come M. deliciosa. Il frutto che ne deriva è una infruttescenza aggregata simile a un ananas, edibile in alcune specie (come appunto M. deliciosa), tossico in altre se consumato acerbo per la presenza di cristalli di ossalato di calcio.


In sintesi, il genere Monstera è un capolavoro evolutivo delle foreste tropicali. La sua strategia epifita, il comportamento scandente, l’eterofillia e le fenestrazioni fogliari sono tutte risposte adattive a un ecosistema denso, competitivo e dinamico. La sua plasticità morfologica, insieme a un’efficiente fisiologia ombrosa, la rende capace di prosperare in habitat dove la luce è una risorsa rara e preziosa, facendo della Monstera un perfetto esempio di pianta “architetto” del paesaggio tropicale.

Patrick Blanc in Guatemala: Esplorando la foresta pluviale e ricercando le piante epifite

Il botanico e artista francese Patrick Blanc, celebre inventore del giardino verticale, si immerge nelle foreste pluviali del Guatemala alla scoperta delle piante epifite nel loro habitat naturale. 

Dove vivono davvero le Monstera: l’intelligenza ecologica nascosta nella giungla


Per capire come le Monstera siano diventate così complesse e sofisticate dal punto di vista morfologico, bisogna guardare con attenzione al luogo in cui sono nate: le foreste tropicali del Centro e Sud America. Qui non ci sono spazi aperti, luce piena o terreni uniformi. La luce è una risorsa scarsa, l’umidità è opprimente, e tutto – dal suolo ai rami più alti – è vivo, stratificato, in continuo cambiamento. È in questo ambiente che le Monstera si sono affermate come specialiste dell’ombra, vere e proprie architette silenziose del sottobosco tropicale.


Le foreste in cui crescono si dividono principalmente in due grandi gruppi ecologici: le foreste pluviali di bassa quota, calde e umide tutto l’anno, e le foreste montane nebulose, dove nubi basse e venti costanti creano microclimi più freschi e saturi d’umidità. 


Le prime ospitano specie vigorose come Monstera adansonii, deliciosa e obliqua, che si arrampicano lungo i grandi tronchi emergenti in cerca di luce. Le seconde sono l’habitat perfetto per forme più delicate, come Monstera lechleriana o Monstera siltepecana, che si adattano alla luce ancora più tenue e alla presenza di nebbie costanti.


Queste piante non vivono isolate: colonizzano un ecosistema verticale, fatto di superfici vive, umide, rugose. Preferiscono alberi con cortecce fibrose o muschiose – come Ficus, Inga, Cecropia – che offrono non solo un appoggio meccanico, ma anche un microambiente costante. 


Le radici aeree delle Monstera si insinuano in fessure e tessuti, assorbono acqua da pioggia, nebbia e ruscellamenti verticali, e si nutrono di detriti organici, polvere e colonie microbiche che si depositano lungo i tronchi.


La loro capacità di colonizzare il verticale è ciò che le rende così particolari. Mentre altre piante si espandono lateralmente, le Monstera crescono in altezza, raggiungendo anche 15 metri, con fusti scandenti che si assottigliano man mano che salgono, seguendo la direzione della luce. Alcune specie come Monstera dubia mostrano addirittura un comportamento adesivo: nella fase giovanile le foglie restano completamente piatte e attaccate al supporto, come tegole vive, minimizzando la dispersione idrica e massimizzando l’assorbimento luminoso.


Tra le Monstera esistono anche specie endemiche, con una distribuzione geografica estremamente ristretta. Alcune di esse, come Monstera cenepensis, sono conosciute solo da pochi esemplari raccolti in aree isolate del Perù amazzonico. Altre, come Monstera subpinnata, si rinvengono nelle Ande boliviane ed ecuadoriane, adattate a vivere tra i 1300 e i 2200 metri, in habitat soggetti a escursione termica, venti forti e substrati rocciosi instabili. 


Ogni specie racconta una storia evolutiva autonoma, frutto di isolamento geografico, pressione ambientale e coevoluzione con il paesaggio.


In queste foreste, la luce non è mai data per scontata. La volta arborea filtra più del 90% della radiazione solare: il poco che arriva è diffuso, instabile, e cambia in base all’umidità, al vento, all’ora del giorno. Le Monstera lo sanno, e agiscono di conseguenza. Non sono statiche: crescono lentamente ma con decisione, modificano la loro forma fogliare in risposta alla quantità di luce ricevuta, e, se necessario, smettono di produrre fenestrature quando l’illuminazione è insufficiente. 


È una forma di intelligenza vegetale che si esprime nella plasticità adattativa, più che nella velocità.

In definitiva, vivere in queste foreste significa abitare una tridimensionalità costante. Il suolo, i tronchi, l’aria stessa sono elementi strutturali con cui queste piante dialogano. Le Monstera non si limitano a “crescere”: esplorano, si adattano, sopravvivono in un ambiente competitivo, affollato, ostile. Ed è proprio questo habitat, estremo e vitale, a rendere possibile la loro eleganza, la loro forma inconfondibile, il loro fascino.

Interazioni ecologiche: la Monstera non è mai sola


Nelle foreste tropicali, ogni organismo è inserito in una rete fitta di relazioni. Le Monstera, come molte piante epifite o emiepifite, non vivono in isolamento: partecipano a interazioni complesse con animali, funghi, insetti e altre piante. Non sono semplici ospiti della foresta, ma veri ingranaggi di un sistema interdipendente.

Mutualismo e relazioni con animali


Alcune specie di Monstera, in particolare quelle che producono frutti commestibili come Monstera deliciosa, stabiliscono forme di mutualismo dispersivo con gli animali frugivori. In natura, i frutti maturi attirano uccelli, pipistrelli e piccoli mammiferi (come coati, scimmie, roditori arboricoli), che mangiano la polpa e disperdono i semi attraverso le feci in zone lontane dalla pianta madre, contribuendo alla colonizzazione di nuovi habitat.


Ci sono anche casi meno documentati ma plausibili di relazioni con formiche (mirmecofilia): alcune radici aeree o guaine basali delle foglie possono offrire rifugio a piccole colonie di formiche arboricole, che in cambio proteggono la pianta da erbivori o da larve fitofaghe. Questo tipo di simbiosi è comune in molte Araceae tropicali.

Impollinazione e termogenesi


L’infiorescenza tipica delle Monstera – composta da spata e spadice – non è solo esteticamente peculiare: è uno strumento raffinato di attrazione per impollinatori specifici, soprattutto coleotteri (famiglia Scarabaeidae) e piccoli ditteri. Alcune specie, come M. deliciosa, emettono calore (termogenesi) durante la fioritura, accompagnato da odori fruttati o fermentativi, per attrarre questi insetti nella camera fiorale. 


Gli insetti vi restano intrappolati temporaneamente, coprendosi di polline e garantendo la fecondazione incrociata.

Habitat per epifiti, muschi e microrganismi

Le Monstera adulte, con i loro fusti robusti e la superficie ampia delle foglie e delle radici aeree, fungono da substrato secondario per altri organismi. Non è raro trovare:

  • Muschi e licheni che si sviluppano sulle radici o sulle guaine fogliari;

  • Funghetti saprofiti che si insediano in zone umide delle guaine più vecchie;

  • Epifite più piccole (come fegatine, pteridofite o giovani orchidee) che si aggrappano temporaneamente alla loro struttura.

Si crea così un microhabitat mobile, che a sua volta aumenta la biodiversità locale e contribuisce alla complessità verticale della foresta.


Influenza sulla dinamica della foresta


Dal punto di vista strutturale, una Monstera matura che scala un tronco può modificare la distribuzione della luce, ombreggiando piante concorrenti o favorendo microclimi più umidi alla base. Inoltre, le loro radici aeree possono stabilizzare muschi e lettiere, trattenere acqua e contribuire alla formazione di piccoli “nidi botanici” in cui si accumulano detriti, nutrienti e organismi decompositori.


In conclusione, le Monstera sono organismi chiave (keystone species) nei microambienti in cui si sviluppano. Non solo rispondono all’habitat, ma lo modificano, lo ospitano, lo arricchiscono. Sono al tempo stesso architettura e funzione, e il loro successo evolutivo dipende tanto dalla loro morfologia quanto dalla capacità di collaborare, spesso in modo invisibile, con il resto del sistema vivente che le circonda.

Alcune specie di Monstera, tra cui Monstera dubia e Monstera membranacea, possono trascorrere l’intero ciclo vitale senza mai produrre foglie fenestrate se le condizioni ambientali non lo richiedono. 

In natura, la fenestrazione compare solo quando la pianta raggiunge una certa altezza o intensità luminosa: è una strategia evolutiva per ottimizzare la traspirazione e ridurre i danni meccanici nel baldacchino della foresta.

MONSTERA DUBIA.png
ChatGPT Image 14 mag 2025, 20_00_13.png

Dalle spedizioni ai giardini europei: la scoperta delle Monstera


Il genere Monstera entrò ufficialmente nella letteratura scientifica nel XVIII secolo, ma le sue foglie enormi e traforate avevano già affascinato da tempo viaggiatori, missionari e collezionisti.


Non erano però ancora comprese, né classificate. Le prime Monstera osservate da europei probabilmente crescevano nelle foreste tropicali del Messico e del Guatemala, regioni centrali per la biodiversità neotropicale e crocevia delle prime esplorazioni botaniche coloniali.


Fu il botanico francese Michel Adanson, nel 1763, a descrivere una pianta dalle foglie lobate e insolite, che in seguito ispirò il nome specifico di Monstera adansonii


Ma è solo all’inizio del XIX secolo che il genere Monstera fu formalmente stabilito. A occuparsene fu Liebmann, botanico danese, che classificò diverse specie raccolte in Centro America, tra cui Monstera deliciosa, oggi la più celebre. Il nome “Monstera” fu scelto in riferimento alla morfologia “mostruosa” o meravigliosa delle foglie, così diverse da quelle delle altre Araceae conosciute all’epoca.


Durante l’Ottocento, con l’intensificarsi delle spedizioni scientifiche in America Latina, sempre più specie furono descritte a partire da esemplari essiccati raccolti in campo e inviati agli erbari di Berlino, Kew e Parigi. 


In particolare, l’epoca d’oro delle collezioni botaniche tra il 1850 e il 1920 portò alla descrizione di specie come M. lechleriana, M. tuberculata e M. spruceana, spesso intitolate ai raccoglitori europei che esploravano Perù, Colombia e Brasile con machete e pressa botanica nello zaino.


Non tutte le specie furono riconosciute subito come parte dello stesso genere. La classificazione fu lunga e confusa: molte Monstera furono inizialmente attribuite ai generi Philodendron o Rhaphidophora, data la somiglianza delle foglie e delle radici aeree. 


Solo grazie agli studi sistematici di specialisti come Thomas Croat, a partire dagli anni ’70 del Novecento, si è iniziato a chiarire la distinzione morfologica e genetica del genere Monstera all’interno delle Araceae.


Una svolta più recente è arrivata con la botanica molecolare. Grazie all’analisi del DNA e ai metodi filogenetici, si è potuto confermare che il genere Monstera è monofiletico, cioè formato da specie che discendono tutte da un unico antenato comune. 


Studi condotti negli ultimi due decenni hanno permesso inoltre di scoprire nuove specie ancora sconosciute alla scienza, come Monstera cenepensis (descritta nel 2001) e altre entità ancora non formalmente pubblicate, scoperte in Ecuador, Panama e nella Guyana francese.


Incredibilmente, molte Monstera rimangono sconosciute al grande pubblico, pur essendo biologicamente affascinanti quanto (e spesso più di) quelle più note. Alcune sono estremamente rare, con areali ristretti a pochi chilometri quadrati. Altre, invece, sono comuni in natura ma quasi assenti nella coltivazione.


Oggi il genere Monstera rappresenta un crocevia tra scienza e passione: amato dagli appassionati di piante d’appartamento, ma ancora in parte da esplorare sul piano scientifico. Non è un caso se molte delle specie oggi coltivate nei nostri salotti devono il loro successo alla rivoluzione ottocentesca della coltivazione in ambiente protetto, iniziata con l’invenzione della serra di Ward.


Questa piccola teca in vetro, progettata per proteggere le piante tropicali durante i lunghi viaggi navali, ha permesso per la prima volta l’importazione viva di esemplari sensibili come le Araceae in Europa. È anche grazie a quella invenzione che Monstera deliciosa, scoperta nelle foreste del Messico, è arrivata fino a noi, trasformandosi da creatura delle giungle umide a icona del design contemporaneo.

Nuove scoperte e frontiere inesplorate


Nonostante il genere Monstera sia stato descritto formalmente a partire dal XVIII secolo, molte delle sue specie sono state scoperte solo in tempi recenti, e altre attendono ancora una descrizione scientifica ufficiale. Questo è dovuto non solo alla morfologia variabile di molte specie, ma anche al fatto che i loro habitat sono spesso remoti, difficilmente accessibili o biologicamente poco esplorati.


Un esempio emblematico è Monstera cenepensis, descritta nel 2001 da Thomas Croat e collaboratori, a partire da esemplari trovati lungo il Río Cenepa, un affluente del fiume Marañón, in una zona remota dell’Amazzonia peruviana. Si tratta di una specie a distribuzione estremamente limitata, nota per le sue foglie eleganti e finemente suddivise, e considerata endemica di un ecosistema minacciato dalla deforestazione.


Allo stesso modo, in Guyana francese, Monstera cf. spruceana è stata documentata in foreste umide primarie, crescendo su pendii rocciosi lungo corsi d'acqua e pareti verticali, spesso a quote difficili da raggiungere senza l’uso di attrezzature da arrampicata o rilevamenti con droni. La rarità di osservazioni sul campo, unita alla grande somiglianza tra specie, complica ulteriormente il lavoro dei botanici.


Anche Monstera obliqua, a lungo ritenuta quasi mitica per la sua delicatezza estrema e per la scarsità di esemplari documentati, è oggi al centro di un rinnovato interesse scientifico. Studi recenti hanno confermato l’esistenza di diverse forme locali, geneticamente distinte ma morfologicamente simili, e distribuite tra Perù, Colombia e Ecuador. 


Si tratta spesso di piante che crescono in condizioni estremamente stabili, all’interno di foreste primarie non disturbate, dove l’umidità rimane costante per gran parte dell’anno e la luce è filtrata in modo uniforme.

Un altro caso interessante è quello di Monstera acacoyaguensis, scoperta in Messico nella regione di Acacoyagua, nel Chiapas, che si sviluppa in habitat collinari e spesso nebbiosi, unendo caratteristiche fogliari simili a M. subpinnata ma con variazioni strutturali ancora oggetto di studio. La sua distribuzione limitata e la sua specializzazione ambientale la rendono una specie a rischio in caso di cambiamenti climatici o perdita dell’habitat.


La ricerca attuale è profondamente trasformata dalla botanica molecolare: l’uso di analisi genetiche ha permesso di rivedere interamente la filogenesi interna del genere, distinguendo specie che prima si pensava fossero varianti locali di una sola entità tassonomica. Questo ha portato alla proposta di nuove specie, alla riscoperta di altre dimenticate, e alla definizione di cladi geografici coerenti, spesso in relazione diretta con bacini fluviali o barriere montane.


In definitiva, Monstera non è un genere completamente conosciuto: è ancora oggetto di esplorazione scientifica attiva. La sua apparente popolarità nel mondo dell’arredo e della coltivazione domestica nasconde un mondo ancora in parte ignoto, dove ogni nuova spedizione può portare alla scoperta di una specie mai descritta. In un’epoca in cui molte piante scompaiono prima ancora di essere classificate, ogni Monstera selvatica osservata sul campo rappresenta un frammento prezioso di biodiversità tropicale da comprendere, proteggere e raccontare.

Add a Title
Add a Title
Add a Title
Add a Title
Add a Title
Add a Title

Il genere Monstera comprende un numero attualmente riconosciuto di circa cinquanta specie descritte, anche se l’esplorazione di ambienti tropicali poco accessibili e lo studio genetico molecolare suggeriscono la presenza di entità ancora non formalmente classificate. 


L’identificazione delle singole specie si basa su caratteri morfologici quali la disposizione e la forma delle foglie (lamina, margine, fenestrature, consistenza), le caratteristiche dell’infiorescenza (spata e spadice), la crescita vegetativa (appressata, scandente o eretta), e la tipologia di habitat colonizzato.

In questa sezione vengono riportate alcune delle specie più studiate o rappresentative, con riferimento a:

  • morfologia fogliare e struttura generale

  • distribuzione geografica e altitudinale

  • condizioni ecologiche preferenziali

  • particolarità tassonomiche, riproduttive o adattative

Ogni specie è accompagnata da una fotografia esemplificativa.

ChatGPT Image 14 mag 2025, 20_30_05.png

Lo sapevi?


Alcune Monstera selvatiche, come Monstera obliqua, producono calore durante la fioritura: il loro spadice può arrivare fino a 35 °C anche quando l’aria è più fredda. Questo fenomeno si chiama termogenesi e serve ad attirare specifici insetti impollinatori, soprattutto coleotteri, simulando il calore di un frutto maturo o di un corpo animale. Una vera strategia evolutiva “intelligente” nel cuore della giungla!

Dalle spedizioni ai giardini europei: la scoperta delle Monstera


Il genere Monstera entrò ufficialmente nella letteratura scientifica nel XVIII secolo, ma le sue foglie enormi e traforate avevano già affascinato da tempo viaggiatori, missionari e collezionisti.


Non erano però ancora comprese, né classificate. Le prime Monstera osservate da europei probabilmente crescevano nelle foreste tropicali del Messico e del Guatemala, regioni centrali per la biodiversità neotropicale e crocevia delle prime esplorazioni botaniche coloniali.


Fu il botanico francese Michel Adanson, nel 1763, a descrivere una pianta dalle foglie lobate e insolite, che in seguito ispirò il nome specifico di Monstera adansonii


Ma è solo all’inizio del XIX secolo che il genere Monstera fu formalmente stabilito. A occuparsene fu Liebmann, botanico danese, che classificò diverse specie raccolte in Centro America, tra cui Monstera deliciosa, oggi la più celebre. Il nome “Monstera” fu scelto in riferimento alla morfologia “mostruosa” o meravigliosa delle foglie, così diverse da quelle delle altre Araceae conosciute all’epoca.


Durante l’Ottocento, con l’intensificarsi delle spedizioni scientifiche in America Latina, sempre più specie furono descritte a partire da esemplari essiccati raccolti in campo e inviati agli erbari di Berlino, Kew e Parigi. 


In particolare, l’epoca d’oro delle collezioni botaniche tra il 1850 e il 1920 portò alla descrizione di specie come M. lechleriana, M. tuberculata e M. spruceana, spesso intitolate ai raccoglitori europei che esploravano Perù, Colombia e Brasile con machete e pressa botanica nello zaino.


Non tutte le specie furono riconosciute subito come parte dello stesso genere. La classificazione fu lunga e confusa: molte Monstera furono inizialmente attribuite ai generi Philodendron o Rhaphidophora, data la somiglianza delle foglie e delle radici aeree. 


Solo grazie agli studi sistematici di specialisti come Thomas Croat, a partire dagli anni ’70 del Novecento, si è iniziato a chiarire la distinzione morfologica e genetica del genere Monstera all’interno delle Araceae.


Una svolta più recente è arrivata con la botanica molecolare. Grazie all’analisi del DNA e ai metodi filogenetici, si è potuto confermare che il genere Monstera è monofiletico, cioè formato da specie che discendono tutte da un unico antenato comune. 


Studi condotti negli ultimi due decenni hanno permesso inoltre di scoprire nuove specie ancora sconosciute alla scienza, come Monstera cenepensis (descritta nel 2001) e altre entità ancora non formalmente pubblicate, scoperte in Ecuador, Panama e nella Guyana francese.


Incredibilmente, molte Monstera rimangono sconosciute al grande pubblico, pur essendo biologicamente affascinanti quanto (e spesso più di) quelle più note. Alcune sono estremamente rare, con areali ristretti a pochi chilometri quadrati. Altre, invece, sono comuni in natura ma quasi assenti nella coltivazione.


Oggi il genere Monstera rappresenta un crocevia tra scienza e passione: amato dagli appassionati di piante d’appartamento, ma ancora in parte da esplorare sul piano scientifico. Non è un caso se molte delle specie oggi coltivate nei nostri salotti devono il loro successo alla rivoluzione ottocentesca della coltivazione in ambiente protetto, iniziata con l’invenzione della serra di Ward.


Questa piccola teca in vetro, progettata per proteggere le piante tropicali durante i lunghi viaggi navali, ha permesso per la prima volta l’importazione viva di esemplari sensibili come le Araceae in Europa. È anche grazie a quella invenzione che Monstera deliciosa, scoperta nelle foreste del Messico, è arrivata fino a noi, trasformandosi da creatura delle giungle umide a icona del design contemporaneo.

Monstera deliciosa Liebm.


Specie di grandi dimensioni, emiepifita, originaria delle foreste pluviali del Messico meridionale, Guatemala e Panama, con introduzioni secondarie in molti paesi tropicali dove si è naturalizzata (es. Sri Lanka, Madeira, Seychelles, Israele). Descritta ufficialmente da Frederik Michael Liebmann nel 1849, si distingue per la lamina fogliare coriacea, di colore verde intenso, cuoriforme, ampia (fino a 1 metro di lunghezza), profondamente fenestrata e lobata in età adulta. 


Le fenestrature, dapprima marginali, si estendono in età matura verso il centro della lamina, con disposizioni variabili ma fortemente caratteristiche.

La crescita è scandente, con fusti articolati che emettono radici aeree robuste, capaci di ancorarsi con efficacia a tronchi o supporti verticali. In condizioni ambientali favorevoli può superare i 10 metri di lunghezza. 


Le foglie giovanili sono intere, non lobate né fenestrate, spesso confuse con quelle di altre specie (es. Monstera borsigiana, forma a lungo considerata una varietà, ma oggi oggetto di revisione tassonomica).


L’infiorescenza, tipica delle Araceae, è formata da uno spadice eretto, cilindrico, lungo 15–25 cm, avvolto parzialmente da una spata di colore biancastro, carnosa, persistente nella fase giovanile. 


L’antesi presenta termogenesi e rilascio di composti volatili fruttati, che attraggono coleotteri impollinatori (Cyclocephalini). Il frutto è una infruttescenza compatta, a maturazione lenta (fino a 12 mesi), edule una volta giunta a completa maturazione: la polpa è profumata e dolce, con aromi che ricordano ananas e banana.


I frutti acerbi sono irritanti per via dell’alta concentrazione di raphidi di ossalato di calcio.

La specie è adattata a foreste pluviali ombrose, tra 0 e 1500 m di altitudine, in ambienti con precipitazioni annuali superiori a 2000 mm, temperatura media tra i 20 e i 28 °C, e umidità costante. 


Predilige margini di radure, pareti calcaree umide, bordi di corsi d’acqua. In coltivazione richiede substrati drenanti, luce diffusa, umidità elevata e temperature non inferiori ai 10–12 °C.

Nota per la sua plasticità morfologica, è una delle specie più studiate tra le Araceae tropicali. 


Ampiamente utilizzata come pianta ornamentale a partire dal XX secolo, ha avuto un ruolo significativo nella diffusione del genere Monstera in ambito domestico e collezionistico.

Monstera adansonii Schott


Specie emiepifita di taglia medio-piccola, distribuita in modo ampio ma disomogeneo in America Centrale e Settentrionale del Sud America: è documentata in Messico, Belize, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Colombia, Venezuela, Ecuador, Perù e nelle Guyane. 


Si sviluppa prevalentemente in ambienti di bassa e media altitudine, tra i 100 e i 1200 metri, in foreste pluviali primarie e secondarie, preferibilmente lungo margini ombreggiati e substrati umidi.


La pianta presenta fusti gracili ma flessibili, con internodi relativamente lunghi e radici aeree poco ramificate. Le foglie, di colore verde intenso, sono ovate-ellittiche, sottili, con margine intero e numerose fenestrature ovali disposte tra la nervatura centrale e i margini. La disposizione delle fenestrature varia in base alla maturità della foglia e alle condizioni ambientali. 


Le foglie adulte raggiungono in media 25–40 cm di lunghezza, ma possono superare i 60 cm in habitat particolarmente favorevoli.

Rispetto ad altre specie del genere, M. adansonii si distingue per la lamina più sottile, non lobata, e per le fenestrature completamente chiuse (non interrotte dai margini), che non arrivano mai a separare la foglia in lobi. 


Le foglie giovanili, spesso prive di aperture, sono talvolta scambiate con quelle di M. obliqua, da cui si differenzia per la maggiore consistenza del tessuto e la distribuzione più regolare delle perforazioni.


L’infiorescenza è poco frequente in coltivazione, ma comune in habitat naturali: spata biancastra, eretta, lunga 8–12 cm, che racchiude uno spadice giallo chiaro. I frutti sono piccoli e raccolti in infruttescenze compatte, non eduli.


Specie adattata a condizioni di bassa luce e alta umidità, manifesta tendenza a crescere in verticale se supportata, ma può svilupparsi anche in forma prostrata o strisciante su substrati orizzontali. Si riscontra spesso su tronchi di Cecropia, Inga o tra radici affioranti, in zone ricche di lettiera e detriti organici. La sua capacità di adattamento la rende comune anche in aree disturbate o ai margini di coltivazioni tropicali.


In ambito ornamentale, è diventata molto popolare per la forma fogliare facilmente riconoscibile, la crescita gestibile e la tolleranza a condizioni di coltivazione indoor. È tuttavia oggetto di confusione tassonomica: il nome Monstera adansonii è spesso usato commercialmente per riferirsi a forme diverse, alcune delle quali potrebbero rappresentare entità distinte non ancora chiaramente delimitate (es. la cosiddetta “Monstera adansonii var. laniata”).

Monstera obliqua Miq.


Specie emiepifita estremamente rara, descritta per la prima volta da Friedrich Anton Wilhelm Miquel nel 1845, a partire da esemplari provenienti dal Perù amazzonico. La sua distribuzione è limitata e discontinua, con popolazioni documentate in Colombia, Ecuador, Perù, e occasionalmente in Guyana e Brasile occidentale. 


Cresce in foreste pluviali primarie, su suoli umidi, acidi e ricchi di sostanza organica, tra 100 e 900 m di altitudine, spesso in ambienti particolarmente stabili dal punto di vista microclimatico.


Dal punto di vista morfologico è caratterizzata da lamine fogliari estremamente sottili, cartacee, con perforazioni vaste e irregolari che in alcune forme lasciano più vuoto che tessuto. La variabilità intraspecifica è elevatissima: alcune popolazioni presentano foglie con ampie aree fenestrate e forma allungata, altre mantengono fenestrature ridotte e ovali, più simili a quelle di M. adansonii, con cui è frequentemente confusa in coltivazione.


Le foglie adulte possono raggiungere i 20–25 cm, ma la dimensione e la forma variano fortemente in base alle condizioni di luce, umidità e supporto. La crescita è lenta, e la pianta predilige ambienti ombrosi, saturi d’umidità, spesso con nebbia diurna e suolo costantemente bagnato. I fusti sono sottili, poco ramificati, con radici aeree corte e debolmente aderenti. 


Le infiorescenze sono piccole, spadice cilindrico di colore crema, spata chiara, e frutti non eduli.

In ambiente naturale, M. obliqua è una specialista di microhabitat iperumidi e stabili, con un ciclo riproduttivo rallentato e una densità di popolazione molto bassa. È spesso reperibile in associazione con muschi epifiti, piccoli licheni e colonie di epifite minute.


La sua identificazione è stata a lungo oggetto di dibattito: per anni, il nome Monstera obliqua è stato impropriamente utilizzato nel mercato ornamentale per indicare forme juvenile di M. adansonii. In realtà, la vera M. obliqua è raramente coltivata e presente solo in collezioni botaniche avanzate o orti botanici specializzati. 


Gli studi più recenti, supportati da filogenesi molecolare, hanno confermato che si tratta di una specie distinta, ma il numero di entità simili non ancora descritte (morfotipi regionali) resta elevato.


È considerata una specie indicatrice della salute degli ecosistemi forestali primari e figura tra le Araceae più sensibili alla degradazione ambientale.

Monstera dubia (Kunth) Engl. & K.Krause


Specie emiepifita, distribuita dal Messico meridionale al Brasile nordoccidentale, con popolazioni documentate in Costa Rica, Colombia, Ecuador e Perù. Cresce in foreste pluviali tropicali di bassa e media quota (100–1400 m), sia primarie che secondarie, spesso in ambienti ombrosi, su tronchi coperti di muschio, rocce umide o radici affioranti. 


È una delle specie più particolari del genere per il suo marcato dimorfismo tra fase giovanile e adulta.

Nello stadio giovanile, la pianta presenta foglie completamente appressate al substrato verticale, disposte alternate lungo un fusto rampicante aderente al tronco. Le lamine sono ovate, cuoriformi, di piccole dimensioni (8–15 cm), con strie argentee marcate tra le nervature, che si sovrappongono come tegole lungo il supporto. 


Questo comportamento vegetativo, noto come “shingling”, permette alla pianta di ottimizzare la cattura della luce diffusa e l’assorbimento dell’umidità.


Raggiunta una determinata altezza o quantità di luce, M. dubia entra nella fase adulta, e le foglie si distaccano dal tronco, diventano più grandi, sub-coriacee, e iniziano a mostrare fenestrature marginali o centrali, spesso simili a quelle di M. adansonii, ma con disposizione meno regolare. Le foglie adulte possono superare i 30 cm, ma la fase adulta è rara in coltivazione e si osserva più facilmente in habitat naturali con forte competizione luminosa.


La crescita è lenta e strettamente legata alla disponibilità di un supporto verticale. Gli internodi sono corti, e le radici aeree, pur presenti, sono minute e più numerose nella fase adulta. L’infiorescenza è poco conosciuta, con spadice giallo chiaro e spata verdognola; la fruttificazione è rara.


La specie si distingue facilmente da tutte le altre Monstera per la forma appiattita delle foglie giovanili e per il pattern argentato che la rende unica a livello ornamentale. In natura, colonizza superfici verticali stabili, spesso su alberi nativi a corteccia irregolare (es. Ficus, Inga, Guarea), in ambienti a elevata umidità e bassa luminosità.


In coltivazione, è ricercata da collezionisti per la bellezza grafica delle foglie giovani e la particolarità del comportamento vegetativo. Tuttavia, tende a mantenersi nella fase giovanile per anni, a meno che non vengano ricreate condizioni ambientali strettamente simili a quelle dell'habitat originario.

Monstera siltepecana Matuda


Specie emiepifita o appressata, descritta dal botanico Eizi Matuda nel 1950 a partire da raccolte effettuate nel Chiapas (Messico). È presente in Messico meridionale, Guatemala e Honduras, dove colonizza foreste montane umide e foreste nebulose, spesso tra i 400 e i 1500 m di altitudine. Il nome specifico “siltepecana” deriva da Siltepec, località montuosa del Chiapas dove fu rinvenuta per la prima volta.


Si distingue per una crescita inizialmente strisciante e aderente al substrato, con fusti sottili, internodi corti e foglie giovanili ellittiche o ovato-lanceolate. Le foglie immature sono di colore verde-argenteo, con venature verdi marcate che formano un pattern reticolato molto evidente, elemento distintivo tra le Monstera ornamentali. La lamina è opaca, leggermente coriacea, e misura 10–25 cm di lunghezza.


Nella fase adulta, se raggiunge sufficiente altezza e intensità luminosa, M. siltepecana sviluppa foglie più grandi e fenestrate, ma la transizione completa è rara in ambienti coltivati. In natura, la differenziazione fogliare si osserva in condizioni di luce media, soprattutto lungo pareti rocciose, tronchi esposti a umidità costante, o ai margini di formazioni fluviali. 


A differenza di M. dubia, non mostra un comportamento di crescita completamente appressato, ma tende a distendersi e ramificare man mano che sale.


L’infiorescenza è scarsamente documentata. Si ritiene simile a quella delle congeneri di dimensione media, con spadice cilindrico bianco-giallastro e spata verde chiaro. La fruttificazione è rara. 


Alcuni autori hanno ipotizzato l'esistenza di forme locali o cloni montani geneticamente differenziati, ma non sono ancora stati pubblicati studi molecolari specifici.


Ecologicamente, M. siltepecana è una specie adattata a microclimi freschi, saturi d’umidità e con luce attenuata, tipici dei versanti montani tropicali. In questi ambienti vive spesso in associazione con felci epifite, bromeliacee terrestri e arbusti umbrofili, sfruttando la stabilità termica e l’elevata condensazione atmosferica.


Dal punto di vista ornamentale è apprezzata per la bellezza delle foglie giovanili, che la rendono una delle poche Monstera coltivate prevalentemente nella fase “immatura”. 


Resiste bene in ambienti domestici se mantenuta in condizioni costanti di umidità e luce filtrata, e può essere guidata su supporti verticali per stimolarne lo sviluppo fenestrato.

Monstera pinnatipartita Schott


Specie emiepifita di medie dimensioni, originaria delle foreste tropicali umide dell’America centrale e settentrionale del Sud America. La distribuzione documentata comprende Costa Rica, Panama, Colombia, Ecuador e Perù. 


Cresce generalmente tra i 300 e i 1500 metri di altitudine, in ambienti di foresta primaria, lungo pendii umidi, bordi di corsi d’acqua e zone ripariali con luce diffusa.


È una delle specie del genere Monstera con il più marcato dimorfismo fogliare. Le foglie giovanili sono intere, ovate o subellittiche, di colore verde chiaro con venature ben marcate. 


Nella fase adulta, la pianta sviluppa foglie profondamente lobate, quasi palmatopartite, con divisioni regolari e simmetriche lungo la nervatura centrale, ma prive di vere e proprie fenestrature ovali. 


Questo le conferisce un aspetto distinto rispetto a M. deliciosa o adansonii, rendendola talvolta più simile alle forme adulte di M. subpinnata.


Le foglie adulte possono raggiungere 40–60 cm di lunghezza e si sviluppano su piccioli canalicolati, spesso con guaine evidenti alla base. I fusti sono flessibili, scandenti, con internodi mediamente distanziati e radici aeree numerose, che si ancorano con efficienza a tronchi umidi o a rocce verticali coperte di muschio.


L’infiorescenza è relativamente rara in coltivazione ma ben documentata in natura. Consiste in uno spadice eretto, di colore bianco-giallastro, racchiuso da una spata verdastra che si apre progressivamente durante la maturazione. La fruttificazione produce piccole bacche cilindriche non eduli.


Monstera pinnatipartita è una specie fortemente dipendente dall’umidità ambientale, con preferenza per zone ombreggiate e ben ventilate. In natura è spesso associata a felci arborescenti, bromeliacee epifite e orchidee terrestri, in ecosistemi complessi e stratificati. 


La crescita è tendenzialmente lenta, ma stabile, con adattamenti a variazioni stagionali di pioggia e temperatura tipiche degli ambienti preandini e premontani.


In coltivazione è ancora poco diffusa, ma molto apprezzata da collezionisti esperti per la struttura architettonica delle foglie adulte, la robustezza generale e la tolleranza a condizioni di coltivazione indoor ben gestite. Tuttavia, senza supporti e umidità elevata, tende a mantenere la forma giovanile per lunghi periodi.

Monstera subpinnata Engl.


Specie emiepifita di medie e grandi dimensioni, descritta per la prima volta dal botanico tedesco Adolf Engler nel 1905. È originaria delle foreste montane tropicali dell’Ecuador, della Colombia, del Perù e della Bolivia, dove cresce a quote comprese tra i 1300 e i 2200 metri, spesso lungo versanti umidi e scarpate boscose soggette a nebbia e forti escursioni termiche.


La caratteristica distintiva di Monstera subpinnata è la lamina fogliare completamente divisa in segmenti lineari, disposti lungo un rachide centrale, simile a una foglia composta ma botanicamente distinta. Ogni foglia può presentare da 8 a 16 segmenti per lato, lunghi fino a 40 cm e larghi 3–6 cm, con margine intero, consistenza coriacea e disposizione alternata.


A differenza di altre specie fenestrate, M. subpinnata non presenta fori o lobi parziali: la foglia è interamente suddivisa, rendendola facilmente riconoscibile anche in assenza di fiori o frutti. La pagina superiore è di un verde opaco, quella inferiore leggermente più chiara. I fusti sono scandenti, con nodi pronunciati e radici aeree robuste, capaci di ancorarsi saldamente a tronchi muschiosi o pareti rocciose.


L’infiorescenza, rara in coltivazione, presenta spata verde chiaro e spadice bianco-giallastro. La fruttificazione è poco documentata, ma si ritiene simile a quella delle altre specie del genere.

In natura, M. subpinnata occupa microhabitat con umidità elevata, luce diffusa e forte ventilazione, tipici delle foreste nebulose andine. Cresce spesso in compagnia di epifite come bromeliacee, felci arboree e orchidee terrestri, e contribuisce alla verticalizzazione del sistema vegetale, arrampicandosi fino a 8–10 metri in condizioni favorevoli.


La forma fogliare eccezionalmente divisa ha portato all’iniziale confusione con altre Araceae a foglia pennata, ma gli studi tassonomici e genetici hanno confermato la sua appartenenza al genere Monstera, in un clade distinto da M. pinnatipartita e M. aureopinnata.


In coltivazione è meno comune, ma molto ricercata per l’impatto ornamentale e la forte identità visiva. Richiede substrati drenanti, alta umidità ambientale e luce indiretta brillante per sviluppare pienamente il fenotipo adulto.

Monstera standleyana G.S. Bunting

Monstera standleyana è una specie emiepifita a portamento rampicante, distribuita in modo naturale nel Centro America — in particolare tra Nicaragua, Honduras, Panama e Costa Rica — dove colonizza le foreste tropicali pluviali a bassa quota, tra i 100 e i 600 metri di altitudine. È stata descritta ufficialmente nel 1967 dal botanico americano George S. Bunting, e dedicata a Paul C. Standley, celebre esploratore della flora centroamericana.


Questa specie si distingue nettamente da altre Monstera per la forma fogliare allungata, intera e priva di fenestrature. Le foglie sono ellittiche-lanceolate, coriacee, con apice acuto, e possono raggiungere i 15–22 cm di lunghezza. Crescono alternate lungo fusti sottili ma flessibili, dotati di internodi lunghi e radici aeree poco ramificate. La pagina fogliare superiore è di un verde profondo lucido, mentre quella inferiore è opaca.


In alcune popolazioni naturali — e ancor più in certe linee selezionate in coltivazione — si possono osservare variegature spontanee bianche o crema lungo le nervature o i margini della foglia, che hanno portato alla diffusione errata del nome commerciale “Monstera standleyana albo”. Questa non è una varietà botanicamente riconosciuta, ma piuttosto una mutazione orticola selezionata.


L’infiorescenza è piuttosto rara ma coerente con il genere: spadice bianco-crema, lungo circa 10–12 cm, racchiuso da una spata verdognola a consistenza sottile. La fioritura avviene solo in piante mature e in habitat indisturbati. La fruttificazione è scarsamente documentata, con frutti piccoli e non eduli.


Ecologicamente, M. standleyana è adattata a microhabitat con luce filtrata e umidità elevata, spesso ai margini di sentieri naturali o in prossimità di corsi d’acqua. Si arrampica su alberi a corteccia liscia o porosa e può comportarsi in modo sia epifita che terrestre se trova sufficiente stabilità nel suolo.


In coltivazione, è una delle Monstera più tolleranti e adattabili: cresce bene in vaso, tollera ambienti interni e può svilupparsi anche in condizioni di luce medio-bassa, purché supportata da un tutore. La sua crescita ordinata, le foglie strette e il portamento compatto la rendono popolare anche nel design d’interni.

Monstera spruceana Engl.


Specie emiepifita o scandente, originaria dell’Amazzonia occidentale, con popolazioni confermate in Perù, Ecuador, Colombia e Brasile occidentale. 


È descritta per la prima volta da Adolf Engler, e il nome specifico è dedicato al botanico britannico Richard Spruce, tra i più importanti esploratori dell’Amazzonia nel XIX secolo. Si sviluppa in foreste pluviali primarie di bassa quota, in ambienti soggetti a forte umidità atmosferica, piogge costanti e copertura arborea chiusa, tra i 100 e i 700 metri di altitudine.


Monstera spruceana è riconoscibile per il suo dimorfismo fogliare marcato. Le foglie giovanili sono piccole, cuoriformi e aderenti al substrato (simili nello stadio precoce a Monstera dubia), mentre quelle adulte, sviluppate su fusti maturi rampicanti, assumono una morfologia distinta: lamina ovato-lanceolata, segmentata, con profonda pinnatipartizione, ma senza divisione completa come in M. subpinnata


Le fenestrature centrali e marginali sono ampie, irregolari e disposte in modo non simmetrico, conferendo alla pianta un aspetto più disordinato rispetto ad altre specie “ornamentali”.


Le foglie adulte possono raggiungere i 50–70 cm in natura, con una consistenza mediamente coriacea e superficie lucida. I fusti sono sottili ma resistenti, con internodi ravvicinati e radici aeree robuste, capaci di svilupparsi in trame dense lungo superfici verticali coperte di muschio o substrati umidi.


L’infiorescenza è poco conosciuta ma coerente con il genere: spadice cilindrico di colore crema e spata giallastra o verdognola. Infruttescenze e fioritura sono documentate raramente e solo in habitat indisturbati.


Ecologicamente, M. spruceana si comporta come una specie sensibile alla stabilità ambientale. Predilige microhabitat ombrosi, al margine di corsi d’acqua o pareti rocciose ricoperte di materia organica. La crescita è lenta, spesso limitata dalla disponibilità di supporti verticali, e la fase adulta è visibile quasi esclusivamente in natura.


Dal punto di vista tassonomico, è parte di un gruppo poco studiato e morfologicamente variabile. Alcune popolazioni e morfotipi locali potrebbero rappresentare nuove entità, ma mancano dati molecolari certi. In coltivazione è pressoché assente, tranne in alcune collezioni botaniche specializzate.

Monstera acacoyaguensis Croat & Grayum


Specie emiepifita a portamento rampicante, originaria delle zone montuose del Chiapas (Messico sud-orientale), in particolare nelle vicinanze della località di Acacoyagua, da cui prende il nome. È stata descritta formalmente da Thomas B. Croat e Michael Grayum, sulla base di esemplari raccolti in habitat di foresta pluviale submontana, tra i 900 e i 1400 metri di altitudine.


Si tratta di una Monstera di medie dimensioni, con uno sviluppo vegetativo tipicamente scandente. La lamina fogliare adulta è ampiamente fenestrata, ma in modo disorganico e variabile: si possono osservare foglie con lobi molto profondi e larghi, parzialmente separati, con segmenti morbidi, allungati, talvolta leggermente ricurvi, e marginature non sempre simmetriche. Le foglie raggiungono dimensioni di 40–70 cm in habitat naturale, e presentano una consistenza piuttosto sottile rispetto ad altre specie affini.


Nella fase giovanile, la pianta sviluppa foglie ovate, intere, di colore verde opaco, prive di ornamentazioni argentee. La transizione verso la forma adulta avviene progressivamente con l’aumentare della luce e della verticalità, come avviene anche in M. spruceana e M. pinnatipartita. Le radici aeree sono numerose, ma meno ramificate rispetto a quelle di specie come M. deliciosa.


Il fusto è leggero, con internodi lunghi e poco lignificati. L’infiorescenza è scarsamente documentata, ma conforme al genere: spata verdognola, spadice bianco o crema, e sviluppo terminale. Non si hanno segnalazioni di fruttificazione abbondante in coltivazione.

Il suo habitat di origine è costituito da foreste tropicali montane, spesso in aree caratterizzate da umidità persistente, nebbie notturne e suoli drenanti ricchi di materiale organico. La specie si arrampica lungo alberi nativi a corteccia irregolare, ma è stata osservata anche su rocce calcaree e scarpate umide.


Dal punto di vista tassonomico, M. acacoyaguensis è stata a lungo confusa con forme fenestrate di M. adansonii o M. pinnatipartita, ma i dettagli anatomici e molecolari hanno confermato la sua identità autonoma. La sua rarità nel commercio botanico è dovuta alla lentezza nella crescita e alla scarsa propagazione, ma in natura si comporta come una specie stabile in ambienti poco disturbati.

Monstera tenuis K.Koch & Augustin


Specie emiepifita, descritta nel XIX secolo da Karl Koch e Gustav Augustin, distribuita prevalentemente in Centro America (Costa Rica, Panama) e regioni nordoccidentali del Sud America (Colombia, Ecuador). Cresce tra i 300 e i 1200 metri di altitudine, in foreste umide, primarie e secondarie, su pendii ombrosi, pareti rocciose e tronchi ricoperti di epifite.

Si caratterizza per la lamina fogliare estremamente sottile (da cui il nome specifico tenuis), flessibile e leggermente traslucida in controluce. Le foglie giovanili sono cuoriformi, intere, appiattite al substrato verticale, con internodi molto ravvicinati. In habitat naturali, la pianta può rimanere per anni nella fase aderente (shingling), con foglie piccole e opache simili a quelle di M. dubia, ma con texture più delicata e margini lisci.


La fase adulta presenta foglie più allungate, moderatamente fenestrate, ma la transizione è meno marcata rispetto ad altre specie. Le perforazioni sono ovali, non lobate, distribuite lungo la nervatura centrale e mai fino al margine. Le dimensioni variano, ma raramente superano i 30–35 cm di lunghezza. I fusti sono sottili, scarsamente lignificati, e le radici aeree sono poco sviluppate, mantenendo la pianta aderente per gran parte del suo ciclo vitale.


L’infiorescenza è poco documentata; si presume simile a quella di M. adansonii, con spata giallastra e spadice chiaro. I frutti non sono conosciuti né coltivati.

Ecologicamente, M. tenuis è una specialista di habitat stabili, umidi e scarsamente illuminati, dove forma popolazioni sparse lungo pareti verticali o radici esposte, spesso insieme a muschi, fegatine e piccole felci epifite. 


È sensibile alla variazione del microclima e non tollera bene lunghi periodi di secchezza o esposizione al sole diretto.

In coltivazione è pressoché assente, tranne in collezioni botaniche specializzate. La sua crescita lenta e la struttura fragile la rendono inadatta all’ambiente domestico, ma è considerata di grande valore per lo studio della morfologia adattativa delle Monstera aderenti.

Monstera membranacea Madison


Specie epifita descritta da Michael Madison, distribuita nelle foreste tropicali di Costa Rica, Nicaragua e Panama, in habitat montani e premontani tra i 500 e i 1500 metri di altitudine. Il nome “membranacea” fa riferimento alla straordinaria sottigliezza della lamina fogliare, che appare quasi trasparente in controluce.


La pianta presenta fusti sottilissimi, con internodi lunghi e radici aeree poco sviluppate. Le foglie giovanili sono intere, cuoriformi, aderenti al substrato verticale, ma anche nella fase adulta la lamina rimane flessibile, sottile e relativamente piccola. Le foglie adulte sono ovato-lanceolate, con fenestrature centrali e marginali sparse e di forma irregolare. La nervatura principale è prominente, mentre quelle secondarie sono sottili ma molto ramificate.


La superficie della lamina ha una consistenza cartacea, fragile al tatto, e può raggiungere i 20–30 cm di lunghezza. La crescita è lenta e discontinua, spesso regolata da fattori ambientali come l’umidità atmosferica, la stabilità del supporto e la densità del sottobosco. La pianta tende a rimanere nelle fasce inferiori del bosco, arrampicandosi solo in presenza di tronchi sottili e verticali.


L’infiorescenza è raramente osservata: si compone di uno spadice corto e sottile, protetto da una spata verdastra. Non si conosce la fruttificazione in coltivazione. I dati sulla riproduzione sono ancora scarsi a causa della rarità della specie in natura e della difficoltà di accesso agli habitat in cui cresce.


Ecologicamente, Monstera membranacea è una specialista degli ambienti ombrosi, umidi e indisturbati, spesso localizzata in microhabitat soggetti a nebbia costante, con poca escursione termica e suoli acidi. È particolarmente sensibile a variazioni di luce e secchezza ambientale.


Dal punto di vista ornamentale, è quasi assente dal commercio, ma molto apprezzata da collezionisti avanzati per la sua eleganza discreta e l’aspetto etereo. In ambiente domestico è difficile da mantenere a causa della fragilità dei tessuti e della scarsa tolleranza alla disidratazione.

Monstera egregia N.E.Br.


Specie rara e poco documentata, Monstera egregia è originaria delle foreste tropicali umide del Costa Rica e del Panama occidentale, dove si sviluppa come emiepifita a bassa quota, tra i 100 e i 500 m sul livello del mare. È stata descritta per la prima volta da N. E. Brown nel 1883, ma per lungo tempo è rimasta quasi ignota alla botanica contemporanea, citata solo in erbari e in letteratura tassonomica, senza immagini o osservazioni sul campo complete fino a epoche molto recenti.


La pianta si presenta con fusti sottili, scandenti o aderenti, simili a quelli di Monstera dubia e M. membranacea. Gli internodi sono brevi, con radici aeree delicate, che le permettono di aderire a tronchi coperti di muschio. Le foglie giovanili sono cuoriformi, verdi opache, intere e mediamente spesse; nella fase adulta si trasformano in lamine allungate, sottili e profondamente fenestrate, con fenestrature ellittiche disposte in modo irregolare su entrambi i lati della nervatura centrale. 


La superficie fogliare ha una texture membranosa, con nervature leggermente rilevate e una consistenza simile alla carta cerata.


In habitat naturali, la fenestrazione completa si sviluppa solo in condizioni di luce più abbondante e umidità elevata e costante. Le foglie adulte raramente superano i 30–35 cm, ma il pattern di fori irregolari e la flessibilità della lamina la rendono facilmente distinguibile da altre Monstere fenestrate come M. adansonii o M. acuminata.


L’infiorescenza è poco conosciuta. I pochi dati disponibili suggeriscono una struttura compatta: spadice bianco o crema, avvolto da una spata verde pallido, sottile, non coriacea. Non si hanno osservazioni pubblicate sulla fruttificazione né sulla biologia riproduttiva.

Ecologicamente, Monstera egregia è un’indicatrice di habitat stabili, poco disturbati, con bassa variabilità luminosa e forte copertura epifitica


Vive in simbiosi con ambienti umidi, al margine di corsi d’acqua ombreggiati o in foreste a baldacchino fitto, spesso in associazione con felci epifite e piante mirmecofile.

In coltivazione è pressoché assente, e anche nelle collezioni botaniche è estremamente rara. È oggetto di crescente interesse tra gli studiosi del genere per via della sua posizione filogenetica incerta e delle potenziali affinità con altri gruppi di Monstera dall’America Centrale.

Monstera standleyana G.S. Bunting


Monstera standleyana è una specie emiepifita a portamento rampicante, distribuita in modo naturale nel Centro America — in particolare tra Nicaragua, Honduras, Panama e Costa Rica — dove colonizza le foreste tropicali pluviali a bassa quota, tra i 100 e i 600 metri di altitudine. È stata descritta ufficialmente nel 1967 dal botanico americano George S. Bunting, e dedicata a Paul C. Standley, celebre esploratore della flora centroamericana.


Questa specie si distingue nettamente da altre Monstera per la forma fogliare allungata, intera e priva di fenestrature. Le foglie sono ellittiche-lanceolate, coriacee, con apice acuto, e possono raggiungere i 15–22 cm di lunghezza. Crescono alternate lungo fusti sottili ma flessibili, dotati di internodi lunghi e radici aeree poco ramificate. La pagina fogliare superiore è di un verde profondo lucido, mentre quella inferiore è opaca.


In alcune popolazioni naturali — e ancor più in certe linee selezionate in coltivazione — si possono osservare variegature spontanee bianche o crema lungo le nervature o i margini della foglia, che hanno portato alla diffusione errata del nome commerciale “Monstera standleyana albo”. Questa non è una varietà botanicamente riconosciuta, ma piuttosto una mutazione orticola selezionata.


L’infiorescenza è piuttosto rara ma coerente con il genere: spadice bianco-crema, lungo circa 10–12 cm, racchiuso da una spata verdognola a consistenza sottile. La fioritura avviene solo in piante mature e in habitat indisturbati. La fruttificazione è scarsamente documentata, con frutti piccoli e non eduli.

Ecologicamente, M. standleyana è adattata a microhabitat con luce filtrata e umidità elevata, spesso ai margini di sentieri naturali o in prossimità di corsi d’acqua. Si arrampica su alberi a corteccia liscia o porosa e può comportarsi in modo sia epifita che terrestre se trova sufficiente stabilità nel suolo.


In coltivazione, è una delle Monstera più tolleranti e adattabili: cresce bene in vaso, tollera ambienti interni e può svilupparsi anche in condizioni di luce medio-bassa, purché supportata da un tutore. La sua crescita ordinata, le foglie strette e il portamento compatto la rendono popolare anche nel design d’interni.

Monstera gracilis Engl.

Monstera gracilis è una specie emiepifita e rampicante, descritta da Adolf Engler. La sua distribuzione è ristretta alle foreste umide dell’Ecuador e della Colombia occidentale, dove cresce tra i 300 e i 1000 metri di altitudine, in habitat primari con elevata copertura arborea e condizioni di forte umidità.

Il nome “gracilis” fa riferimento al suo portamento esile e alla struttura sottile delle sue parti vegetative. I fusti sono filiformi, scarsamente lignificati, con internodi lunghi e radici aeree debolmente sviluppate. Questo la rende una delle Monstera più leggere e flessibili, spesso confusa con piccoli Philodendron o Rhaphidophora nella fase giovanile.

Le foglie giovanili sono ovate, sottili, intere, di colore verde medio, lucide, con nervature poco evidenti. Nella fase adulta, la pianta sviluppa lamine moderatamente fenestrate, ma le perforazioni sono piccole, ovali, irregolari e distribuite in modo asimmetrico. Le foglie non superano generalmente i 20–25 cm di lunghezza, e mantengono una consistenza cartacea. Le fenestrature non si spingono mai fino al margine e possono anche non comparire affatto in condizioni di scarsa luminosità o crescita orizzontale.

L’infiorescenza è rara, poco documentata, con spadice e spata di piccole dimensioni, tipicamente bianco-crema. Non si hanno dati pubblicati sulla fruttificazione.

In habitat naturale, M. gracilis cresce nelle zone più basse e umide della foresta, spesso su tronchi secondari, ceppaie in decomposizione, e rocce coperte di muschi. La sua tolleranza alla bassa luminosità la rende una pianta competitiva nel sottobosco, ma anche molto sensibile alla secchezza ambientale o a sbalzi termici.

Dal punto di vista ornamentale, è pressoché assente dal mercato. La sua delicatezza strutturale e la difficoltà di identificazione l’hanno relegata a collezioni botaniche o studi accademici. Tuttavia, per gli studiosi del genere Monstera, rappresenta un interessante esempio di adattamento all’ombra stabile e alla crescita minima, con scarsa espressione fenotipica se non in condizioni forestali indisturbate.

Monstera gracilis Engl.

Monstera gracilis è una specie emiepifita e rampicante, descritta da Adolf Engler. La sua distribuzione è ristretta alle foreste umide dell’Ecuador e della Colombia occidentale, dove cresce tra i 300 e i 1000 metri di altitudine, in habitat primari con elevata copertura arborea e condizioni di forte umidità.

Il nome “gracilis” fa riferimento al suo portamento esile e alla struttura sottile delle sue parti vegetative. I fusti sono filiformi, scarsamente lignificati, con internodi lunghi e radici aeree debolmente sviluppate. Questo la rende una delle Monstera più leggere e flessibili, spesso confusa con piccoli Philodendron o Rhaphidophora nella fase giovanile.

Le foglie giovanili sono ovate, sottili, intere, di colore verde medio, lucide, con nervature poco evidenti. Nella fase adulta, la pianta sviluppa lamine moderatamente fenestrate, ma le perforazioni sono piccole, ovali, irregolari e distribuite in modo asimmetrico. Le foglie non superano generalmente i 20–25 cm di lunghezza, e mantengono una consistenza cartacea. Le fenestrature non si spingono mai fino al margine e possono anche non comparire affatto in condizioni di scarsa luminosità o crescita orizzontale.

L’infiorescenza è rara, poco documentata, con spadice e spata di piccole dimensioni, tipicamente bianco-crema. Non si hanno dati pubblicati sulla fruttificazione.

In habitat naturale, M. gracilis cresce nelle zone più basse e umide della foresta, spesso su tronchi secondari, ceppaie in decomposizione, e rocce coperte di muschi. La sua tolleranza alla bassa luminosità la rende una pianta competitiva nel sottobosco, ma anche molto sensibile alla secchezza ambientale o a sbalzi termici.

Dal punto di vista ornamentale, è pressoché assente dal mercato. La sua delicatezza strutturale e la difficoltà di identificazione l’hanno relegata a collezioni botaniche o studi accademici. Tuttavia, per gli studiosi del genere Monstera, rappresenta un interessante esempio di adattamento all’ombra stabile e alla crescita minima, con scarsa espressione fenotipica se non in condizioni forestali indisturbate.

Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere in anteprima gli articoli del blog, scoprire i nostri eventi esclusivi e rimanere aggiornato sulle ultime novità del mondo botanico.

Thanks for submitting!

bottom of page